Che senso ha fare politica omologata?
redazione | Il 25, Mag 2013
Editoriale di Antonio Giangrande
Che senso ha fare politica omologata?
Editoriale di Antonio Giangrande
Il paese è vetusto ed in mano alle lobbies, alle caste ed ai manettari: per
gli effetti è attanagliato da mille problemi che non sono solo economici e
che non si vogliono risolvere. Per le sinistre, insite anche nei movimenti
come il M5S, il problema principale da 20 anni è sempre e solo Silvio
Berlusconi. Il velo che artatamente copre le vergogne italiche. Anche nel
giorno in cui la memoria di Giovanni Falcone è stata ricordata dai tanti
giuda indefessi e senza vergogna che lo tradirono ed osteggiarono in vita.
Gli stessi che poi hanno ucciso Paolo Borsellino. Commemorazione liturgica
in mano all’antimafia monopolista dove tutto si deve tacere.
Per dimostrare quello che non si osa dire:
1) La migliore giornalista italiana non è giornalista (Sic) giusto per
dimostrare che nelle professioni (avvocati, magistrati, notai, ecc.) spesso
si abilita ed opera chi non lo merita.
2) Grillo vuol solo rottamare l’ordine dei giornalisti. Come tutti gli
altri è prono alle lobbies.
Questa è “Mi-Jena Gabanelli” (secondo Dagospia), la Giovanna D’Arco di Rai3,
che i grillini volevano al Quirinale. Milena Gabanelli intervistata da Gian
Antonio Stella per “Sette – Corriere della Sera”.
Sei impegnata da anni nella denuncia delle storture degli ordini
professionali: cosa pensi dell’idea di Grillo di abolire solo quello dei
giornalisti?
«Mi fa un po’ sorridere. Credo che impareranno che esistono altri ordini non
meno assurdi. Detto questo, fatico a vedere l’utilità dell’Ordine dei
giornalisti. Credo sarebbe più utile, come da altre parti, un’associazione
seria e rigorosa nella quale si entra per quello che fai e non tanto per
aver dato un esame…».
Ti pesa ancora la bocciatura?
«Vedi un po’ tu. L’ho fatto assieme ai miei allievi della scuola di
giornalismo. Loro sono passati, io no».
Essere bocciata come Alberto Moravia dovrebbe consolarti.
«C’era una giovane praticante che faceva lo stage da noi. Le avevo corretto
la tesina… Lei passò, io no. Passarono tutti, io no».
Mai più rifatto?
«No. Mi vergognavo. Per fare gli orali dovevi mandare a memoria l’Abruzzo e
io lavorando il tempo non l’avevo».
Nel senso del libro di Franco Abruzzo, giusto?
«Non so se c’è ancora quello. So che era un tomo che dovevi mandare a
memoria per sapere tutto di cose che quando ti servono le vai a vedere volta
per volta. Non ha senso. Ho pensato che si può sopravvivere lo stesso, anche
senza essere professionista».
Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia