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Atti su generale Adinolfi inviati a Roma

Atti su generale Adinolfi inviati a Roma

| Il 11, Ago 2011

La Procura della capitale ha la competenza ad indagare. Lo ha stabilito la Cassazione

Atti su generale Adinolfi inviati a Roma

La Procura della capitale ha la competenza ad indagare. Lo ha stabilito la Cassazione

 

(ANSA) ROMA – Gli atti dell’inchiesta della procura di Napoli sulla P4, relativi alla posizione dell’ex capo di stato maggiore della Guardia Di Finanza, il generale Michele Adinolfi devono essere inviati alla procura di Roma, che ha la competenza ad indagare. Lo ha stabilito la procura Generale presso la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso presentato dal legale del Generale, Enzo Musco.

TRIBUNALE RIESAME, CARCERE PER BISIGNANI – Il parlamentare del Pdl Alfonso Papa e Luigi Bisigani, assieme al carabiniere Enrico La Monica (latitante in Senegal), hanno messo in piedi un’associazione a delinquere con l’obiettivo di commettere un “numero indeterminato” di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della Giustizia, turbando così “il buon andamento delle Istituzioni dello Stato”. Il tribunale del Riesame di Napoli dà ragione alla tesi della Procura nell’inchiesta sulla P4 e accoglie il ricorso presentato dai pm Francesco Curcio ed Henry John Woodcock contro la decisione del Gip Luigi Giordano che nella sua ordinanza non aveva rilevato indizi sufficienti a sostenere “la costituzione di un vincolo associativo tra Papa e Bisigniani” come “un legame tendenzialmente stabile e duraturo”. Un pronunciamento, quello del Riesame, che aggrava la posizione del parlamentare – già in carcere con l’accusa di concussione, favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio – e di Bisignani, che si trova invece agli arresti domiciliari per favoreggiamento. Nell’ordinanza del tribunale infatti i giudici hanno disposto la custodia cautelare in carcere sia per Papa sia per Bisignani: l’esecuzione del provvedimento è però stata sospesa in attesa del pronunciamento della Cassazione. Per quanto riguarda Papa, inoltre, se l’ordinanza dovesse superare gli altri gradi di giudizio, si renderebbe necessaria una nuova pronuncia del Parlamento, che già nelle scorse settimane ha concesso l’autorizzazione all’arresto per gli altri reati contestati.

Resta il fatto che quella del Riesame è una decisione che conferma l’impianto accusatorio ben oltre quello prospettato dal Gip nella sua ordinanza. Non a caso subito dopo il deposito del provvedimento è arrivato il commento soddisfatto del capo della procura di Napoli. “Esce rafforzata – dice Giovandomenico Lepore – la tesi della Procura in merito alla sussistenza del reato di associazione a delinquere. Tutta la tesi accusatoria ha trovato accoglimento” e il Riesame ha “ritenuto fondato il nostro appello, dimostrando la validità dell’impianto accusatorio”. Dunque anche secondo i giudici del Riesame è valida la tesi avanzata nella richiesta da Curcio e Woodcock. E cioé che Bisignani, Papa e La Monica “promuovevano, costituivano e prendevano parte (unitamente ad altri soggetti appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione) ad un’associazione per delinquere, organizzata e mantenuta” per commettere reati contro la Pubblica amministrazione.

I tre, secondo la procura di Napoli, avrebbero acquisito sia “notizie ed informazioni riservate e segrete inerenti a procedimenti penali in corso” sia “notizie ed informazioni inerenti a ‘dati sensibili’ e strettamente personali e riservati, riguardanti in particolare esponenti di vertice delle istituzioni e alte cariche dello Stato”. Notizie che “venivano utilizzate in modo indebito” per “commettere una serie indeterminata di delitti di favoreggiamento”, avvertendo “i soggetti ‘amici’ inquisiti” ma anche per “ottenere denari, favori e utilità” da imprenditori coinvolti nelle indagine e per “infangare ovvero per poter poi ricattare ed esercitare indebite pressioni sui medesimi esponenti delle istituzioni”. Ma non solo. Il Riesame ha condiviso anche la tesi della procura indicata alla lettera V del capo di imputazione (ricettazione), quella in cui si parla dell’utilizzo da parte degli indagati delle schede Tim falsamente intestate. Si tratta, secondo la procura, di modalità di comunicazione, “proprie delle più sofisticate e pericolose associazioni mafiose e terroristiche”, che utilizzano questo tipo di schede per dedicarle esclusivamente “alla trattazione di affari illeciti e attività criminose”.

redazione@approdonews.it