Ancora polemiche sul caso Rappoccio. Chizzoniti si rivolge a Napolitano
redazione | Il 02, Set 2013
Aurelio Chizzoniti si è rivolto al presidente della Repubblica per contestare ancora una volta il reintegro di Antonino Rappoccio come consigliere regionale. Nella sua lettera al Quirinale Chizzoniti sollecita l’intervento della Presidenza della Repubblica affinché «sia bandita ogni subdola ambiguità istituzionale»
Ancora polemiche sul caso Rappoccio. Chizzoniti si rivolge a Napolitano
Aurelio Chizzoniti si è rivolto al presidente della Repubblica per contestare ancora una volta il reintegro di Antonino Rappoccio come consigliere regionale. Nella sua lettera al Quirinale Chizzoniti sollecita l’intervento della Presidenza della Repubblica affinché «sia bandita ogni subdola ambiguità istituzionale»
REGGIO CALABRIA – L’ex consigliere regionale Aurelio Chizzoniti ha scritto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla vicenda che ha portato al reintegro del consigliere regionale Antonio Rappoccio, sospeso nel settembre dello scorso anno in ottemperanza ad un decreto del presidente del Consiglio a seguito del suo arresto, avvenuto il 28 agosto del 2012, con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione elettorale aggravata, truffa e peculato. Nella lettera inviata al Quirinale, Chizzoniti che era subentrato a Rappoccio in Consiglio regionale, «sollecita l’autorevole intervento di Codesta Presidenza perchè venga bandita qualsiasi subdola ambiguità istituzionale che, di fatto, preclude la indifferibile ricostituzione del quorum strutturale della massima assise assembleare della Regione Calabria. A distanza di oltre un mese – sostiene ancora Chizzoniti – da quando il tribunale ordinario di Reggio Calabria (30 luglio 2013), accogliendo la richiesta tempestivamente articolata dal procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho, ha (ri)sottoposto a misura cautelare (divieto di dimora in Calabria), il consigliere regionale Antonio Rappoccio, inopinatamente scarcerato l’11 luglio scorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha ancora trovato il tempo per decretare la sospensione dello stesso “ope legis” disciplinata».